giovedì 7 luglio 2011

La testimonianza di un amico che in Val di Susa c'era...

Ricevo e pubblico, per l'interesse che rappresenta, la testimonianza di un amico che in Val di Susa c'era...

Tutti i giornali in coro hanno raccontato della battaglia di domenica; so che mi odierete, ma la realtà vista dalla Val di Susa è “purtroppo” molto diversa.
Dico “purtroppo” perché farebbe comodo a tutti pensare che i NOTAV siano violenti, abbiano torto, perciò vadano puniti. Farebbe comodo perché, se così fosse, il problema non ci riguarderebbe più, noi potremmo continuare ad occuparci dei fatti nostri e lasciare che la Polizia faccia il proprio mestiere.
Invece ciò che avviene in Val di Susa ci riguarda tutti, e riguarda in particolare coloro che si battono in qualche modo per avere un mondo migliore.
Che lo vogliate o no la lotta dei NOTAV è una lotta non violenta: sono quasi vent'anni che si oppongono ad un'opera assurda ed inutile, senza che nessuna istituzione al di fuori della valle abbia mostrato rispetto o lealtà per le loro motivazioni più che valide. Da sei anni sono sottoposti a ondate di occupazione para-militare della valle (con tutti gli effetti collaterali del caso come la morte di una donna schiacciata pochi giorni fa da un autoblindo, cosa che naturalmente nessuno ha raccontato, oppure gli atti orrendi compiuti alle tende del presidio sgomberato, anche questi documentati soltanto dal web) e, nonostante ciò, la loro opposizione è stata e rimane non violenta.
Domenica il corteo organizzato (di protesta per l'ennesimo tentativo, infruttuoso, di aprire il cantiere con la forza) ha attraversato pacificamente i due versanti della valle ed era aperto da amministratori e famiglie con bambini, che hanno compiuto tutto il percorso senza incidenti. Si stima che ci fossero 70-80.000 persone, più passa il tempo più la solidarietà si espande.
Una parte di manifestanti, in maniera autogestita ed indipendente, è uscita dal corteo autorizzato per andare a circondare il “fortino” ricavato in fretta e furia dalla Polizia nei pressi del presidio NoTav sgomberato, con la forza, lunedì 27 giugno (durante il quale non è volata una pietra, guardatevi il video su youtube); qui la Polizia ha sparato centinaia di lacrimogeni e proiettili di gomma ad altezza d'uomo su chiunque si avvicinasse, ha caricato e rincorso nel bosco tutti i gruppi che arrivavano a tiro, ha atteso e manganellato gruppi di persone che, senza aver fatto nulla, stavano tornando ai loro mezzi. Ora se pensate ancora che sia possibile subire tutto ciò senza che nessuno possa ritenere legittimo rispondere a sassate a tanta violenza, significa che disponete di una invidiabile varietà di pesi e misure per i vostri giudizi, o che vi fidate troppo delle ricostruzioni fornite dai “professionisti dell'informazione” (che invece dovremmo chiamare mercenari, fatte poche rare lodevoli eccezioni) che hanno descritto solo una parte del conflitto.
Sia ben chiaro che tirare pietre è sbagliato ed inutile ma, viste le premesse, sarebbe disonesto non considerarlo una conseguenza inevitabile della violenza primaria e ben più grave messa in campo dallo Stato. Quindi chi oggi invoca l'intervento delle forze dell'ordine, proprio col pretesto di proclami contro la violenza, dovrebbe farsi un bell'esame di coscienza (a partire dal Ministro dell'Interno pregiudicato per resistenza a pubblico ufficiale).
Tra i vari movimenti e comitati nati in Italia negli ultimi anni, quello NoTav è tra i più radicati nella popolazione, tra i più attivi nella ricerca e discussione di modelli socio-economici risolutivi della crisi attuale, tra i più legittimi (pensando a quanto è assurda la devastazione che rischiano di subire): se permettiamo che si possa passare con l'esercito sopra questo dissenso, seppelliremo per decenni qualsiasi possibilità di rinascita di questo paese.
Sono passati dieci anni da Genova, anche allora le “autorità” mostrarono il loro volto peggiore e ci raccontarono un fracasso di balle su black-block e compagnia bella. Ce la vogliamo bere un'altra volta?

Roberto Galantini
Beni Comuni Carpi