venerdì 23 agosto 2013

Sull'inceneritore, sostenibilità e costi

Sul tema rifiuti e inceneritore prevale da anni la logica di Hera e del suo piano investimenti. Già illustrato in consiglio comunale e da me piu volte criticato sulla sua sostenibilità fasulla. Hera è ancora a maggioranza pubblica ma è una Spa e soprattutto parla di utili e dividendi.
L'atto autorizzativo, ora in discussione, che avremo modo di verificare su dati e correttezza amministrativa e che spero approdi al parlamento europeo, che sembra banale dal titolo "Modifica non sostanziale" all'AIA - già pubblicato nel sito di ARPA E.R. all'indirizzo http://ippc-aia.arpa.emr.it/Intro.aspx - ma non reso noto, forse anche perchè amministrativamente è possibile fare ricorso entro 60 gg e prima passano meglio è. La conseguenza è che potrà consentire ad Hera di essere virtuosi, per un soffio, e di bruciare rifiuti urbani di tutta la regione e speciali di tutta Italia. Col silenzio e benestare della Giunta e della maggioranza. Oltre al rischio possibile che la multiutility rivendichi la costruzione della Terza linea dell'inceneritore, ora sospesa, ma autorizzata. Così quell'impianto potrebbe divenire della potenzialità di 240.000 t /anno, dalle 180.000 già in esubero attualmente, quindi il piu' grande della regione ed uno dei maggiori in Italia. A spese dei cittadini in termini di salute e di costi veri e propri. La Tares, che pagheremo in seconda rata ora ed il conguaglio a dicembre, è per legge a copertura totale (spalmata sui contribuenti) di investimenti, raccolta e smaltimento. Quindi l'inceneritore lo paghiamo noi.

Il consigliere
modenasaluteambiente.it 
Sandra Poppi

mercoledì 21 agosto 2013

L’hanno sempre chiamato termovalorizzatore anche se non lo era



 L’hanno sempre chiamato termovalorizzatore anche se non lo era. Si doveva chiamare inceneritore e basta, perché il suo rendimento energetico non arrivava al 60%. L’ho detto piu’ volte in consiglio comunale. Ora, col silenzio abituale delle istituzioni con i cittadini, sono riusciti, recuperando calore dal condotto fumi, ad aumentare qualche punto percentuale e dimostrare che è un impianto di recupero di energia R1.
Quell’impianto, nato intorno al 1982, nelle parole di mio padre che assistette alle riunioni degli assessori di allora, doveva essere un impianto europeo di grido, purificatore dell’aria. Il meglio del meglio, salvo dimostrare successivamente che quegli impianti di incenerimento di prima generazione erano altamente inquinanti. Hanno migliorato l’abbattimento dei fumi ma nella sostanza siamo ancora fermi qui. Ora, oltre al danno, la beffa. Interviene anche il piano di competenza regionale dei rifiuti e non piu’ provinciale. Il nostro inceneritore, che è capiente oltre le nostre esigenze ( e per fortuna è sospesa la terza linea ), sarà il ricettore di altri rifiuti urbani provenienti dal resto della regione e speciali anche dal resto d’Italia.
Pensare che l’assessore regionale Freda l’anno scorso dichiarava la chiusura degli inceneritori, ed ha ribadito successivamente piu’ volte la decisione della Regione di superare con il nuovo Piano dei rifiuti il sistema basato su discariche e termovalorizzatori, per puntare soprattutto sul recupero di materia. Obiettivi al 2020: Ridurre la produzione pro-capite di rifiuti urbani del 25%, raggiungere il 70% di raccolta differenziata nel territorio regionale. E noi a Modena cosa facciamo, anche in questo caso? Andiamo puntualmente nel senso contrario. Fare la raccolta domiciliare dei rifiuti, secondo la Giunta costa troppo ma, cambiare tutti i cassonetti stradali inutilmente, e moltiplicarli (quello che stanno facendo ora) vorrei sapere cosa costerà alla comunità modenese. Oltre all’ammortamento dei costi di costruzione della quarta linea dell’inceneritore e suoi adeguamenti successivi. Che pagano i cittadini con la Tares, che è a copertura totale del servizio di raccolta, smaltimento e investimenti.

Sandra Poppi
Il consigliere comunale
modenasaluteambiente.it



mercoledì 14 agosto 2013

Monitoraggio uso fitofarmaci a Modena

Ho recentemente presentato in consiglio comunale un ordine del giorno per chiedere il monitoraggio sull'uso dei fitofarmaci nel territorio comunale.
L’impiego dei fitofarmaci rappresenta pericolo per la salute della popolazione residente nel suo complesso, in primis degli stessi agricoltori, e dei residenti in prossimità, nonché dei consumatori in generale. I fitofarmaci di sintesi, non essendo biodegradabili, inquinano l’ambiente per un lunghissimo periodo, accumulandosi nelle catene alimentari e negli organi sensibili, come tali o come metaboliti tossici, così da moltiplicare la loro pericolosità per la salute umana e animale.
Non esiste un regolamento comunale sull'uso dei fitofarmaci a Modena ed in qualche caso (mi giunge la segnalazione) vengono utilizzati in modo improprio, non rispettando distanze di sicurezza da abitazioni ed anche scuole materne. 
Questi regolamenti, in altre città prevedono espressamente la possibilità, per i cittadini, di segnalare alla polizia locale chi non rispetta le distanze minime per i trattamenti con pesticidi per garantire una distanza di sicurezza ed il rispetto della salute di tutti.

L’ordine del giorno chiede alla Giunta alcune cose fondamentali :
- monitoraraggio nel territorio comunale dell’impiego dei Fitofarmaci di sintesi chimici non consentiti per l’agricoltura biologica sia in ambito agricolo che extra-agricolo;
- promuovere incontri con i comuni limitrofi per adottare strategie comuni che possano disincentivare l’uso dei fitofarmaci, oltre a stabilire distanze e zone di sicurezza per mantenere il diritto a non essere contaminati;
- mettere in atto una campagna di sensibilizzazione rivolta ai produttori locali circa la necessità di riconversione biologica delle produzioni agricole, con adeguata formazione degli operatori e produttori promuovendo le opportune iniziative ivi compreso  un corso di Agricoltura Biologica rivolto agli operatori agricoli e tecnici;
- agire nei confronti della Regione, chiedendo sostegno alla riconversione biologica;
- rimuovere gli eventuali conflitti di interesse tra le parti sociali, al fine di arrivare ad una convergenza economica ed ecologica d’intenti con tutte le parti in causa, nel rispetto dei diritti inviolabili alla salute umana ed ambientale, delle attuali e future generazioni;
- monitorare, in collaborazione con gli organi istituzionali preposti, lo stato di salute ambientale e sanitario.

 Il  Consigliere di modenasaluteambiente.it
 Sandra Poppi



lunedì 12 agosto 2013

Modena, i canali e le mura


 Leggo un intervento di Giovanni Capucci del 6 agosto sul Carlino Modena, sull'idea di riaprire i canali in città. Idea coraggiosa per le risorse economiche attuali del comune ma sicuramente affascinante.
Gli esempi non mancano. Mi viene in mente un’altra città d’acqua, veneta, che ho visitato recentemente, Treviso, in cui vi sono ancora canali scoperti ed ancora conservate le mura. Molto bella. Modena potrebbe esserlo di piu’.
Se osserviamo il disegno della città prima del 1800 e dell’inizio della demolizione delle mura cittadine, viene da rimpiangere il passato.

Risale a un secolo fa la decisione del comune di Modena di abbattere le mura della città per far lavorare i braccianti nel dopoguerra.

Se immagino il Palazzo Ducale liberato dall'Accademia Militare ed il cortile aperto, da una parte la Piazza Roma pedonale e dall'altra l’attuale Corso Vittorio Emanuele II, una volta la Darsena, già mi sembra un sogno.
Fino al XVI secolo nei palazzi e nelle strade che si affacciavano sui corsi d’acqua che attraversavano la città si svolgeva la vita: il commercio, le attività produttive, le feste. La copertura dei canali ha quindi nascosto centinaia di corsi (e anche reti fognarie) che confluiscono nel Canale Naviglio, anticamente navigabile, che dal 1984 è depurato da un impianto a Nord della città, che restituisce le acque al Naviglio che scorre verso il Fiume Panaro, a Bomporto.

L’ultima occasione, di mantenere qualche ricordo dell’importante passato di Modena, l’abbiamo persa qualche anno fa, quando sono iniziati i lavori per la realizzazione del Novi Park. Sarebbe stato un sogno lasciare aperti gli scavi, visti i ritrovamenti importanti, prima di realizzare il garage. Ci si poteva fermare in quel momento e realizzare il parcheggio/garage in altro luogo: ad esempio in via Fanti a ridosso della ferrovia, sotto il parcheggio esistente, dall'altra parte della stazione FS (dove probabilmente è necessario e dove già esiste un sottopassaggio della ferrovia che arriva direttamente in centro, in zona Tempio). Il Novi Park non risolve, così adiacente al centro storico, nè i problemi del traffico nè quelli dell’inquinamento.

Novi Park - scavi 2010



Cosi potrebbe essere un'altra città: i musei, il polo S. Agostino recuperato per la cultura ed il parco archeologico all’aperto, come i Fori Imperiali a Roma. 
Basterebbe avere un'idea complessiva della città, amore e attenzione al passato e al futuro. Non costruire tanto per farlo e per creare lavoro e basta, come un secolo fa.


Treviso