mercoledì 10 febbraio 2010

Un pozzo di scienza

Hera e la fondazione Marino Golinelli propongono in questi giorni a Modena un ciclo di conferenze dal titolo “Un pozzo di scienza” agli studenti delle scuole superiori. Sicuramente interessanti. Raccontiamo anche che l’incenerimento dei rifiuti consuma energia da dedurre a quella prodotta. Raccontiamo pure che la materia non si distrugge: che il 30% dei rifiuti in entrata resta in ceneri e polverino poi in emissioni in atmosfera. Raccontiamo la verità in modo che possano decidere loro qual è il modo giusto per affrontare il problema.
Per esempio Natale Belosi, esperto in gestione integrata dei rifiuti, sulla rivista “Consapevole” scrive sugli inceneritori: “La loro produzione energetica è quasi nulla. A Forlì l’inceneritore produce 8.500 MWh e ne consuma di fatto 4.000 all’anno. Ai rimanenti 4.500 dobbiamo sottrarre il gasolio e il metano che l’inceneritore utilizza e arriviamo a 1.200 MWh l’anno. Se prendiamo in considerazione i consumi energetici che sono stati necessari per costruire l’impianto, il bilancio risulta negativo. I nuovi impianti sono più efficienti ma vale la pena costruire degli inceneritori per avere un andamento energetico positivo del 2-3%? Riciclare significa risparmio energetico. Se devo fare un bene da materiale vergine devo fare una serie di operazioni e ho tutta una serie di consumi energetici. Se invece, per produrre lo stesso bene, utilizzo materiale riciclato, mi inserisco, non all’inizio della catena produttiva, ma a metà della catena stessa e quindi risparmio tutta l’energia che si consuma nella prima parte della catena produttiva. Questa energia risparmiata è di molto maggiore rispetto all’energia prodotta dalla termovalorizzazione: bruciare i rifiuti è un nonsenso, uno spreco energetico rispetto al riciclaggio.”


Vi allego il volantino nella parte in cui presenta l’argomento trattato il 5 febbraio scorso al Fermi e al Corni di Modena:

“Trash power. Riduco, riuso, riciclo e…”
Michele Pinelli e Mirko Morini
A volte si è costretti a scegliere razionalmente un rischio, per poter beneficiare di un vantaggio. Tutti lo
facciamo quotidianamente e senza grandi patemi se il rischio dipende da noi e vediamo chiaramente i
benefici, se invece la gestione del rischio è nelle mani di altri e non ne vediamo direttamente i benefici
abbiamo un atteggiamento pregiudizialmente contrario. Gli inceneritori (o meglio, come andrebbero
intese, le centrali termoelettriche basate sulla combustione di rifiuti) oltre alle emissioni nocive, per le
quali sono presi a paradigma, danno energia elettrica e termica. L'utilizzo del rifiuto non riciclato come
alimento delle caldaie consente di preservare le riserve di fonti fossili: è stato calcolato che se si
utilizzassero tutti i rifiuti dell'Unione Europea si potrebbe produrre l'8% del fabbisogno europeo di
energia evitando inoltre l'emissione in atmosfera di 60 milioni di tonnellate all'anno di anidride carbonica
equivalente. Concretamente, una tonnellata di rifiuti consente di produrre fino a 800 kWh di energia
elettrica. Poiché è stato valutato che un letto d'ospedale consumi ogni anno 7 MWh, uno scolaro 0.372
MWh, uno studente universitario 1.71 MWh, una tonnellata di rifiuti può alimentare un letto d'ospedale
per 40 giorni, 2 scolari per un anno o uno studente universitario per 6 mesi. Questo beneficio però lo si
può ottenere soltanto sostenendo i costi della conversione energetica dei rifiuti. Mirko Morini e Michele
Pinelli, ricercatori di Sistemi per l'Energia e l'Ambiente del Dipartimento di Ingegneria dell'Università di
Ferrara, discuteranno dell'impatto che le tecnologie per l'utilizzo a fini energetici dei rifiuti hanno sui
substrati ambientale, sociale, economico e tecnologico nei quali si innestano.

DITE ANCHE LA VOSTRA OPINIONE.
GRAZIE, Sandra

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